Please or Registrati to create posts and topics.

L'uomo che volle farsi proprietario di un team (o la grande truffa della Formula 1)

Gli anni ‘80 sono stati probabilmente il decennio più scintillante della storia della Formula 1 e nel contempo, in particolare nella loro seconda metà con qualche propaggine nei primi anni del decennio successivo, quelli in cui si sono piantati i “semi” dei problemi che oggi la affliggono.

In quel periodo, però, una situazione economica apparentemente più florida e un contesto di minori costi, minori vincoli e ben pochi controlli, consentì a improbabili uomini d’affari le cui fortune avevano origini per lo meno ambigue, a truffatori, quando non direttamente a delinquenti matricolati, di affacciarsi al mondo del Circus. L’intento era sempre lo stesso: riciclare danaro.

Qualcuno, in qualche caso, ci aggiungeva un po' di passione per le corse e sicuramente un certo gusto per lo spettacolo. Il più divertente di tutti loro resta senza dubbio Jean-Pierre Van Rossem.

Il belga Jean-Pierre Van Rossem nasce il 29 maggio 1945 a Bruges. Secondo di tre figli cresce in una famiglia piccolo-borghese, cattolica, conservatrice e monarchica. Non sono poveri, ma certo Jean-Pierre soffre le ristrettezze economiche del dopoguerra e, oltre a questo, un evento tragico e una vivacità intellettuale non comune lo rendono presto insofferente all’ambiente in cui vive.

Di tutto quello che insegnavano a scuola non me ne fregava un ciufolo. Da bambino leggevo intere parti dell'enciclopedia Elsevier. Quando avevo dieci anni sapevo già che Napoleone era arrivato in Russia con un esercito di tre milioni di uomini e 300.000 cavalli. Tornò con 15.000 uomini e 2.000 cavalli. E poi noi a scuola dovevamo credere che Napoleone fosse un grande stratega, mentre lasciava morire centinaia di migliaia di persone nel freddo russo. Dai! Nessuna meraviglia che sospettassi della scuola. (...) Mio fratello minore Paultje è morto presto. Mentre tornavamo a casa da scuola insieme è finito correndo sotto un furgone. I miei genitori poi mi hanno detto che era colpa mia. Quando mio padre mi disse che Paultje era morto, mia madre disse che il Signore aveva preso il suo figlio migliore e aveva lasciato vivere questo piccolo ribelle. Mia sorella minore ha avuto la stanza più grande perché voleva fare il dottore! Sono sempre stato oppresso, quindi volevo lasciare quella famiglia in fretta!

(da un intervista rilasciata al quotidiano belga Nieuwsblad pubblicata il 5/9/2010)

Tra il 1963 e il 1967, dopo una breve esperienza alla facoltà di psicologia, è uno studente di economia all'università di Gand, scelta legata a un avvicinamento alle teorie economiche marxiste avvenuto probabilmente più in connessione al marcato spirito di contrapposizione che lo caratterizza piuttosto che a una meditata adesione ideologica.

È un ragazzo che unisce doti intellettuali non comuni a una certa intraprendenza. Oltre a studiare, nel tempo libero lavora e lo fa, principalmente, per mantenere i suoi frequenti viaggi a Parigi. Gli piacciono la recitazione e le belle donne, la Ville Lumière per ciò è il posto giusto per assecondare le due passioni, anche se non a buon prezzo, e Jean-Pierre non bada a spese.

Pare inoltre scrivesse, a pagamento, le tesi per altri studenti e sicuramente ne aveva le capacità: si laurea con una dissertazione dal titolo "La velocità del denaro: approccio teorico alla comprensione e applicazioni pratiche in Belgio" che gli vale un premio nazionale e, soprattutto, la possibilità di studiare econometria due anni negli Usa con l’economista Lawrence Klein presso la Wharton School dell’Università della Pennsylvania, una delle prime business school al mondo presso una delle più prestigiose università in campo economico manageriale.

Lawrence Klein, premio Nobel per l’economia nel 1980, è uno dei primi economisti che, alla fine degli anni ‘60, apre la strada ad un uso sistematico dei computer per prevedere le fluttuazioni del mercato. Si tratta di studi che come vedremo influenzano fortemente il giovane belga perché l’econometria lo affascina, ma l’interpretazione che Van Rossem ne darà sarà decisamente ... molto personale.

Gli Stati Uniti portano Jean-Pierre ai primi contatti con l’eroina e ne diviene dipendente. È un drogato e a quel punto non esistono più né teatro né donne. Nel 1971 subisce una prima condanna, sospesa, per falsificazione di assegni e nel 1973 viene condannato per frode a quattro anni di carcere. Esce nel 1977, pulito e perfettamente pronto a mettere a frutto l’amore per la recitazione e gli studi per l’econometria.

Dopo essere scappato con la moglie di un ricco industriale, che sposa, Van Rossem si mette in affari come guru del mercato azionario, avendo trovato, così sostiene, una formula per prevedere e battere le tendenze del mercato e ottenere enormi rendimenti. Fonda una società di investimento e la chiama Moneytron, che è anche il nome del "super-computer" in grado di prevedere le fluttuazioni economiche che lui ha inventato perfezionando gli studi di Klein e che però nessun altro ha mai potuto vedere tranne lui, perché viene gelosamente tenuto chiuso a chiave nel suo ufficio.

In realtà sta semplicemente gestendo uno schema Ponzi (dal nome dell’ideatore), un meccanismo truffaldino piramidale in cui si raccolgono soldi sulla promessa di alti rendimenti. Questi utili, però, non arrivano da investimenti reali e vengono forniti unicamente dal denaro dei successivi finanziatori, che divengono vittime della truffa e, a loro volta, carnefici di coloro che seguiranno.

Se uno riuscisse a creare una catena di Sant’Antonio infinita funzionerebbe pure, peccato che viviamo in un sistema finito ...

Van Rossem, per ciò, non fa altro che prendere soldi da nuovi investitori, sulla promessa di rendimenti tanto alti quanto inesistenti e che vengono garantiti dal super computer, per poi pagare gli investimenti più vecchi e, nel frattempo, finanziare il suo lussuoso stile di vita. Insomma, il caro vecchio campo dei miracoli di Pinocchio in salsa elettronica in cui Jean-Pierre e sia il gatto che la volpe.

L’espediente con cui riesce a raccogliere il denaro è tanto semplice quanto antico: sembrare ricco e di successo, l’avidità farà il resto perché, come dirà poi lui stesso: "Se mostri un milione di rendimenti ai milionari, non fanno più domande". Van Rossem ci aggiunge la sua personalità istrionica, presentandosi come un eccentrico guru della finanza, con capelli e barba lunghi e bianchi, da mago tolkieniano, e la stazza di un predicatore indiano.

E per un po' funziona e anche alla grande!

I clienti di Moneytron finiscono per includere i reali del Belgio e alcuni capi di stato. A fine anni ‘80, secondo il Financial Times, Van Rossem gestisce un patrimonio, affidatogli da investitori internazionali, di 7 miliardi di dollari ed è riuscito ad accumulare una fortuna personale che, a seconda delle fonti, viene variamente stimata tra 500 e 860 milioni di dollari. Possiede uno yacht da 4 milioni di dollari, due jet e non meno di 108 Ferrari. Non male per un comunista che meno di 20 anni prima è tornato in Europa dall’America con l’idea di unirsi ai terroristi rossi tedeschi della Banda Badher-Meihnof (nella “romantica” versione del suo passato che fornisce nelle interviste).

Le Ferrari e il motorsport ... le altre passioni di Jean-Pierre. Tutto sommato la Formula 1 si inserisce benissimo nel perfezionamento dell’immagine che Van Rossem ha creato, fornendogli una visibilità difficile da ottenere in altri modi, ma forse appunto c’è qualcosa di più di un semplice ulteriore ingranaggio della truffa.

Alla fine del 1988 la Onyx è un team che ha ottenuto discreti successi in Formula 2 e in F3000 (che prende il posto della prima nel 1985) e si propone per il grande salto in Formula 1.

Paul Shakespeare si unisce ai fondatori Mike Earle e Greg Field, acquistando le quote di maggioranza della squadra nel settembre 1988 e fornendo la prima liquidità necessaria. Martin Dickson viene assunto come team manager e arrivano le sponsorizzazioni di Marlboro e … Moneytron. Van Rossem ben presto acquisterà tutte le azioni di Shakespeare, diventando lui il proprietario di maggioranza.

Prima di questo però, il team, divenuto Onyx Grand Prix, raggiunge un accordo per utilizzare i motori Ford e gli pneumatici Goodyear e assume un ingegnere come Alan Jenkins, che ha lavorato per la McLaren, per progettare la prima vettura del team, dando così vita alla Onyx ORE-1.

Sul fronte piloti si decide per un mix di esperienza e freschezza, assumendo Stefan Johansson e il giovane debuttante belga Bertrand Gachot, che è poi in realtà il gancio per l'arrivo di Van Rossem e della sua sponsorizzazione.

Con un decoroso piano aziendale in atto, una vasta esperienza nelle formule junior, un solido pacchetto auto/motore e una discreta coppia di piloti, la Onyx Grand Prix sembra destinata a un futuro promettente.

Presentazione della Onyx ORE-1 al night club Hippodrome di Londra

Nonostante l'entusiasmo si tratta comunque di un team nuovo alla competizione che va ad affrontare e, come spesso capita, la Onyx accumula dei ritardi nello sviluppo. Le vetture vengono completate solo la stessa mattina in cui vengono frettolosamente imballate e spedite in Brasile, teatro del primo GP della stagione.

Non è stato fatto alcun test per mettere a punto le vetture e a Jacarepaguà, così come nelle successive due gare della stagione a Imola e Montecarlo, nessuna delle auto riesce a superare la tagliola delle pre-qualifiche. E si, perché sono anni in cui al Campionato del Mondo di F1 partecipano 20 squadre ed essendo la Onyx un team esordiente i suoi piloti sono costretti a prendere parte a una sessione di prove aggiuntiva nella quale, nel 1989, dei tredici piloti partecipanti solamente i primi quattro hanno poi accesso alle qualifiche vere e proprie. La competizione è accesissima e può perfino capitare che le auto che passano le pre-qualifiche finiscano per piazzarsi poi a metà schieramento in qualifica.

Le cose per la Onyx peggiorano pure, perché nel corso di un test dopo il Brasile e poco prima del GP di Imola in un incidente va completamente distrutto un telaio e, durante la gara stessa, un guasto ai freni della macchina di Johansson provoca un altro incidente dal quale l’auto esce semidistrutta.

Dopo questo inizio difficile cominciano ad arrivare anche dei segnali positivi perché Gachot a Imola e Johansson a Monaco sono i primi dei non qualificati. Poi in Messico Johansson passa le pre-qualifiche, segna addirittura il 6° miglior tempo nelle prove libere e si qualifica poi 21°, mettendosi dietro addirittura Nelson Piquet, Pierluigi Martini, René Arnoux e Eddie Cheever, anche se laffidabilità non c’è ancora e in gara si ferma per un guasto alla trasmissione dopo 16 giri.

I progressi continuano con Johansson che passa le pre-qualifiche anche a Phoenix e quindi in Canada.

Quello che, nel frattempo, spettacolo alla grande è Van Rossem che viene alla ribalta delle cronache con uno stile di vita sontuoso ed eccentrico, perfetto per la stampa che segue la Formula 1. Spese eccessive (acquista un jet Gulfstream IV da 20 milioni di dollari prima del GP degli Stati Uniti e la cosa ha grande risalto sulla stampa), comportamenti stravaganti (concede interviste durante i GP restando sdraiato nel suo motorhome), belle donne e tante tante Ferrari.

Arriva anche, sportivamente parlando, una giornata di sole per la Onyx ed è in Francia, sul circuito del Paul Ricard. Le vetture si adattano perfettamente alla pista, passano le pre-qualifiche al primo e secondo posto e realizzano una qualifica ancor più impressionante, con Gachot 11° e Johansson 13°.

In gara Gachot battaglia con Alesi, che alla fine arriverà 4°, prima che un problema alla batteria lo releghi al 13° posto, mentre Johansson ottiene addirittura i primi punti della squadra con uno strepitoso 5° posto.

Sono punti importanti per riuscire a portare la squadra fuori dalle pre-qualifiche per il resto della stagione, ma l’effetto finisce subito e a Silverstone Johansson non si qualifica mentre Gachot parte 21° per poi fermarsi in gara. Johansson, poi, si qualificherà in Germania, Ungheria e Belgio, con Gachot che invece non ce la fa in Germania (l'unica volta nella stagione 1989 in cui una Onyx supera le pre-qualifiche senza poi qualificarsi).

Tra l’Inghilterra e la Germania alla fine di luglio c’è la parentesi pazzesca della 24H di Spa. Moneytron sponsorizza due Ferrari Mondial e Van Rossem affitta parte del paddock per fare sfoggio della sua collezione di Ferrari.

Assume diversi grandi nomi per guidare le due vetture. L'equipaggio della #73 è formato da Gachot, dal belga Harald Huysman che è un pilota di Gruppo C e addirittura dal campione del mondo Keke Rosberg. La vettura #74 viene invece pilotata dall'esperto Mauro Bianchi, dal belga Pascal Witmeur e da un veterano di Le Mans come Philippe Martin.

I piloti vengono pagati in contanti da Van Rossem personalmente, che misura le mazzette di banconote con un righello millimetrato e gliele infila nella tuta, come racconterà Rosberg successivamente.

Gli esiti in ogni caso non saranno all’altezza della spesa: dopo una discreta qualifica la #74 subisce uno scoppio di uno pneumatico nelle prime fasi di gara e, danneggiata irreparabilmente, si ritira, mentre la #73 conclude la gara, seppure da non classificata.

Ma a questo punto iniziano ad affacciarsi i primi problemi per Van Rossem. Si diffonde la voce (la mette in giro lui?) che arriva fino alle orecchie dei giornalisti che sta tentando di portare nel team piloti migliori ed è in procinto di investire 40 milioni di dollari insieme alla Porsche su un progetto per un motore di F1. In realtà, più ufficialmente, Van Rossem inizia a lamentarsi degli alti costi di gestione di un team di Formula Uno e c’è chi incomincia a dire che sia abbastanza riluttante a pagare i conti del team.

Dirà Johansson alcuni anni dopo: Mi piaceva e mi piaceva la sua compagnia. Era divertente, gentile, e manteneva le sue promesse, anche se a volte rimanevamo nel suo ufficio per giorni, rifiutandoci di andarcene finché i soldi non fossero stati trasferiti.”.

Intervistato dalla TV belga Van Rossem dichiara che lascerà la F1 se l'affare del motore con Porsche fallisce. Molti iniziano a pensare che sia stanco della cosa e stia semplicemente cercando una scusa per uscirne, ma in effetti c’è anche di più: stanno incominciando ad arrivare i nodi al pettine e Jean-Pierre ha realmente sempre più difficoltà nel pagare.

Le sue spettacolari buffonate iniziano, quindi, a diventare distruttive. Durante il week-end del GP a Spa su un giornale belga vengono pubblicate alcune sue dichiarazioni su Jean-Marie Balestre e Bernie Ecclestone, il primo è il presidente della FISA e il secondo, all’epoca, non è solo l’amministratore delegato della società che gestisce la F1, ma, soprattutto, il titolare di tutti i suoi diritti commerciali.

Balestre viene paragonato a Hitler e il secondo viene definito un boss della mafia. Il risultato è che Ecclestone gli vieta di partecipare ai successivi Gran Premi.

A Monza Gachot si qualifica per quella che sarà stata la sua ultima gara per il team mentre Johansson non riesce a raggiungere la griglia di partenza. Gachot scatena però l’ira di Van Rossem e viene licenziato in tronco per aver manifestato il suo dispiacere per la carenza di test da parte della squadra e l'apparente mancanza di fiducia nelle sue doti di guida.

Come suo sostituto viene arruolato all’ultimo minuto J.J. Lehto, che con poco tempo per familiarizzare con la vettura non riesce a qualificarsi per il GP del Portogallo. Ancora una volta riesce ad emergere Johansson che si qualifica e, in gara, realizza una impresa che resta nella storia.

Decide di non cambiare le gomme. Dopo il pit-stop di tutti gli altri e dopo l’incredibile incidente tra Mansell e Senna si ritrova a correre addirittura per il 3° posto quando le sue gomme iniziano a deteriorarsi ferocemente. Viene rapidamente raggiunto e superato da entrambe le Williams, ma sia Boutsen che Patrese si ritirano per problemi di surriscaldamento e Johansson taglia il traguardo arrivando a podio sulle tele e praticamente senza carburante.

Il 3° posto è un grande momento per la Onyx, ma sarà anche l'ultimo traguardo a punti. Con Van Rossem sempre più riluttante nel mettere a disposizione fondi, lo sviluppo della vettura si ferma e Johansson non si qualifica più per il resto della stagione, anche se Lehto continua a migliorare, entrando in griglia in Spagna e Australia.

La squadra conclude il campionato con una rispettabilissima decima posizione assoluta nella stagione d'esordio, segnando 6 punti e venendo premiata con l’uscita dalle pre-qualifiche per la stagione successiva.

I soldi però sono finiti e del resto l’imbroglio Moneytron era già durato molto a lungo. Quando, a fine 1989, Van Rossem comincia ad avere seri problemi giudiziari, il suo impero finanziario inizia a crollare e vende Onyx al gruppo giapponese Middlebridge, che poi passa la proprietà a una cordata svizzera capitanata da Peter Monteverdi.

La Monteverdi-Onyx nel 1990 non riuscirà a ripetere le prestazioni dell’anno prima e finirà per reggersi grazie all’apporto economico assicurato da Gregor Foitek (il padre acquista il 25% della proprietà del team), che sostituisce Johansson dopo due GP. Tuttavia l’anno successivo, quando viene a mancare anche l'appoggio economico di Foitek, la squadra rimane senza fondi ed è costretta a chiudere.

La Moneytron, intanto, si sgretola dopo il rimbalzo di un assegno scoperto da 50 milioni di dollari a un uomo d'affari francese. È l’inizio della fine e il castello di carte cade a terra rapidamente. Nel giro di poco tempo Jean-Pierre Van Rossem viene condannato per truffa. La buona notizia è che ci sarà un capitalista in meno al mondo, la cattiva notizia è che sono io.” è il suo commento.

Ha inizio l’ultima recita, quella da politico. Jean-Pierre per evitare la galera inventa un partito politico “libertario”, R.O.S.S.E.M. (il suo cognome diviene un acronimo che, tradotto dal fiammingo, sta per “Riformatori radicali e guerrieri sociali per una società più giusta”), che, con lo slogan “Basta oppressi, tutti ricchi” e l’obiettivo di abolire il matrimonio e la monarchia, riesce a strappare ben tre seggi alla Camera e uno al Senato alle legislative belghe del 1991.

Anche come parlamentare Van Rossem si distingue per le provocazioni (si mette a gridare “Vive la République” durante la cerimonia di incoronazione di Re Alberto II), ma finita la legislatura, e con essa l’immunità, lo attende la condanna a cinque anni di carcere.

Ne esce nel 1999, provato e senza più un soldo. Un ultimo giro di danza con una strampalata e provocatoria trasmissione TV, che ha comunque un certo successo, e poi la fine. Gli ultimi anni prima di morire nel 2018 li vive, malato e povero, in un bi-locale, inseguito da creditori e tribunali.

Alla sua morte il boss della Onyx, Mike Earle, in una intervista a Motorsport lo ricorda con delle parole che sembrano raccontare il vero Van Rossem (o forse l’ennesima delle sue interpretazioni, chi può dirlo): Era un entusiasta eccentrico, ma anche un vero appassionato di motorsport. È triste sapere che è morto, perché senza di lui probabilmente non saremmo mai andati in Formula 1. Era stravagante e imprevedibile, ma senza dubbio molto intelligente e alla fine un bravo ragazzo, se ti sedevi con lui lontano dalle luci della ribalta. Quando abbiamo ottenuto quei risultati con Stefan era davvero al settimo cielo. Per lui significavano molto”.